domenica 16 agosto 2009

El Fantasma Rufina

Buenos Aires, 1903

E' la prima volta che Valentin viene a Buenos Aires. In questo bel pomeriggio di sole e caldo cammina senza fretta e senza meta apparente per la piazza principale della città. Ci sono anche i clown che fanno il loro spettacolo. Sono divertenti, la gente ride, li incita a nuove invenzioni, piroette.
Accanto a Valentin passa una delle tante belle ragazze di Baires. No, lei non è solo una delle tante belle ragazze di Baires. Lei è Rufina, una bellissima figura di carnagione scura, i capelli lunghi e corvini. Magra, con un vestito lungo e bianco.
Cammina piano, poggiando il piede completamente sulla strada, con le sue scarpette basse e il suo passo corto.
Valentin sente il suo passaggio, un senzazione forte che non riesce a descrivere neanche a se stesso.
Ha due occhi stupendi, uno sguardo gentile.
Lui le sorride, le si avvicina. Valentin è un bel giovane, 22 anni, magro e alto, carnagione scura anche lui, occhi neri e capelli pettinati all'indietro. Le porge la mano per presentarsi.
"Le piacciono i clown?"
"Sono molto divertenti" risponde Rufina, ma la sua voce non tradisce nessun entusiasmo, aprendo un forte contrasto con i suoi occhi.
Valentin sorride, le strappa qualche altra parola senza senso, poi iniziano a camminare per la piazza. Sembrano in sintonia. Sono due ragazzi, belli e felici di godersi il sole di questo 31 maggio.
Valentin passa accanto a un carretto dei gelati.
"Posso offrirle un gelato?"
"Grazie, è una vita che non mangio un gelato" è la risposta.
Mentre continuano a passeggiare per la Avenida, il sole sembra oscurarsi in fretta, nuvole minacciose nel cielo e la temperatura cala bruscamente.
Valentin si offre di accompagnare Rufina a casa, per aiutarla con la sua giacca a non bagnarsi per l'imminente temporale.
Ma Rufina sembra spaventata, a disagio, non accetta e mormora alcune parole che lui non comprende. Poi inizia a correre tenendosi il vestito lungo le gambe magre. Lui per un attimo la perde di vista, sorpreso da tanta rapidità, quindi la segue prima con lo sguardo poi con passo deciso, ma senza corsa.
La vede in direzione del cimitero, sul viale che costeggia il muro di cinta. Ma gli si ferma il cuore quando la vede passare attraverso quel muro, dove non ci sono aperture, ne porte, ne buchi nella pietra.
Incredulo, si blocca a respirare cercando di ritrovare la calma. Oltre quel muro il cimitero de la Recoleta. Indugia sul cancello, ma poi entra. Cammina girovagando per una decina di minuti, poi è come pietrificato dalla visione di una tomba. Su quella tomba una statua di marmo, la figura di Rufina nel suo vestito bianco, morta l'anno prima. Accanto a quella tomba un'altra, un blocco unico di marmo con incisioni, quella del fidanzato, morto suicida venti giorni dopo.
Valentin sente un impulso irrefrenabile, le braccia si muovono lungo il corpo come colpite da scariche elettriche, si scaglia contro quel blocco di marmo con la forza di un toro e sbatte una, due, tre volte la testa.
Il sangue comincia a colare tra i capelli, lui cade in ginocchio. Vede Rufina, che gli sussurra qualcosa.
"Odio gli uomini, tutti gli uomini, come quello che mi ha uccisa, dopo avermi violentata e picchiata a morte, per non aver accettato la sua corte."

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